Riliquidazione della buona uscita per il personale congedato a domanda

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Art. 6-bis d.l. 387/1987 – Sei scatti stipendiali periodici

L’articolo 6-bis del Decreto 387/1987 riconosce al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia ad ordinamento militare o civile (ne sono esclusi i Vigili del Fuoco) il diritto a sei scatti stipendiali periodici che si aggiungono alla base pensionabile e vengono calcolati all’atto della cessazione del servizio in ogni caso utile ai fini della determinazione della misura del trattamento pensionistico e della liquidazione.
Molti colleghi che hanno cessato il servizio su domanda avendo maturato i requisiti per il pensionamento anticipato, ossia con 55 anni di età e 35 anni di servizio, ci hanno chiesto se anche nei loro confronti debbano essere riconosciuti i citati 6 scatti, anche alla luce delle varie sentenze della Giustizia Amministrativa.
La questione è stata portata all’attenzione dello Studio Legale Bacci, con cui il COISP collabora da anni e che riserva trattamenti di favore ai nostri iscritti, il quale ci ha trasmesso la seguente nota…


Nel febbraio del 2019, con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ha disposto la rideterminazione dell’indennità di buonuscita, mediante l’inclusione nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali contemplati all’art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987.
Secondo stime, il beneficio dell’inclusione dei sei scatti stipendiali, comporta una riliquidazione media pari ad € 10.000,00. L’importo rideterminato è chiaramente variabile in funzione del grado e dell’anzianità di servizio maturata al momento del congedo.
Attualmente, però, l’INPS continua ad opporre resistenza all’interpretazione del Giudice Amministrativo omettendo, nella base del calcolo del TFS, le provvidenze economiche discendenti dall’applicazione delle disposizioni recate all’art. 6 bis del D.L. nr. 387\87.
Ad avviso dell’Ente di Previdenza, l’aggiunta dei sei scatti stipendiali, a base del calcolo del TFS, competerebbe al solo personale “cessato dal servizio per limiti d’età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto”.
Conseguentemente, sino ad oggi, l’emolumento in esame è stato attribuito al solo personale congedato per limiti d’età (60 anni) e\o riformato per malattia, lasciando escluso il personale congedatosi volontariamente. È bene, infatti, sottolineare che la vertenza dell’inclusione dei sei scatti, a base del calcolo del TFS, riguarda esclusivamente il personale congedato a domanda.Tuttavia, il rilievo dell’INPS, circa l’inapplicabilità del beneficio al personale cessato a domanda, contrasta con il D.L. n. 387 del 1987 che, in realtà, ne estende l’applicazione a detto personale, prevedendo che “le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile” (comma 2, art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987).La pretesa economica, invano rivendicata dal personale delle Forze di Polizia, trova, oggi, legittimo avallo nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che ne ha statuito la spettanza del diritto con la sentenza nr. 1231\2019.La statuizione in parola ha aperto la possibilità, al personale cessato a domanda, di rivendicare, in sede giurisdizionale, l’inclusione dei sei scatti stipendiali nella base di calcolo del TFS come contemplato all’art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987, considerato che l’INPS continua a disapplicare le disposizioni recate al comma 2 dell’art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987.Dal testo della pronuncia del giudice d’Appello, emerge, però, che l’inclusione dei sei scatti aggiuntivi, a base del calcolo del TFS, è connesso al possesso di due requisiti essenziali da possedere all’atto del congedo: età anagrafica pari o superiore a cinquantacinque (55) anni; trentacinque (35) anni di servizio utile (ove, per “servizio utile” si intende tutto il periodo utile contributivo, anche dunque quello oggetto di riscatto (es. militare, confine etc.).È doveroso, altresì, aggiungere, – nota dolente – che il diritto, per essere correttamente rivendicato in sede giurisdizionale, non deve essere caduto in prescrizione.
La decisione in commento ci rafforza nelle nostre convinzioni e ragioni. Si spera, pertanto, che l’integrale pubblicazione della decisone possa giungere d’ausilio a tutti, affinché siano tutti edotti dell’importante contenzioso, i cui risvolti (economico – giuridico) importano conseguenze di non poco rilievo, come l’incombente prescrizione del diritto.Testo della decisione

Con la sentenza appellata, il T.A.R. Puglia ha respinto il ricorso proposto dall’odierno appellante, dott. C.S., Prefetto di Bari fino al 31 gennaio 2011, avverso la determina INPDAP n. 6477 del 12 maggio 2011, recante la liquidazione del trattamento di fine servizio, nella parte in cui ha omesso di computare nella base di calcolo i sei scatti stipendiali ai sensi dell’art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987.

A fondamento del rigetto, il T.A.R. ha posto la mancata inclusione dei sei scatti stipendiali nell’elenco delle voci computabili ai fini della liquidazione dell’indennità di cui si tratta, contenuto nell’art. 38 D.P.R. n. 1032 del 1973, nonché la non applicabilità alla fattispecie dedotta in giudizio del citato art.6 bis D.L. n. 387 del 1987, concernente il personale “cessato dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto”, laddove il dott. S. è stato collocato a riposo per il raggiungimento del massimo di anzianità contributiva.

Mediante i motivi di appello, il dott. S. censura i diversi profili motivazionali della sentenza appellata, compreso quello, avente carattere autonomo ed autosufficiente, incentrato sulla non applicabilità dell’art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987, deducendo che la norma concerne, ai sensi del secondo comma, anche “il personale che chiede di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e 35 anni di servizio utile”.

Si sono costituiti in giudizio l’INPS ed il Ministero dell’Interno, il secondo solo per sollecitare la sua estromissione dal giudizio perché carente di legittimazione passiva.

Con ordinanza n. 3390/2018, la Sezione ha disposto incombenti istruttori, con particolare riferimento alla tempestività della domanda di collocamento in quiescenza presentata dall’appellante: all’ordine istruttorio l’INPS ha dato riscontro in data 17 ottobre 2018, mentre, con memoria del 4.10.2018, l’appellante ha ulteriormente argomentato a favore della spettanza del beneficio reclamato, anche con specifico riguardo alla questione sollevata con la citata ordinanza.

Venendo alle valutazioni della Sezione, deve preliminarmente disporsi l’estromissione dal giudizio del Ministero dell’Interno, ex datore di lavoro dell’appellante, dal momento che, per consolidata giurisprudenza, l’unico soggetto obbligato a corrispondere l’indennità di buonuscita è il competente Ente previdenziale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6/9/2010, n. 6465, Cons. Stato, sez. VI, 31 gennaio 2006, n. 329), nei cui esclusivi confronti, quindi, doveva essere ritualmente instaurata la controversia.

Tanto premesso, dalla documentazione acquisita in giudizio, anche a cura della parte appellante, si evincono gli elementi sufficienti per la decisione – in senso favorevole alla stessa – della causa.

In primo luogo, non è condivisibile il punto della sentenza appellata che fa discendere l’infondatezza della pretesa di parte ricorrente dal fatto che l’elenco delle voci computabili al fine della liquidazione dell’indennità per cui è causa, contenuto nell’art. 38 D.P.R. n. 1032 del 1973, rubricato “Base contributiva”, “non contempla la computabilità dei sei scatti biennali oggetto di controversia”.

Basti osservare, in senso contrario, che il beneficio reclamato dalla parte appellante rinviene il suo fondamento normativo nel disposto dell’art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987, ovvero in una disposizione successiva a quella recata dall’art. 38 D.P.R. n. 1032 del 1973 e dotata, nei confronti di quest’ultima, di ogni coerente effetto integrativo.

Quanto poi al rilievo, contenuto nella sentenza appellata, secondo cui l’art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987 sarebbe applicabile al solo personale “cessato dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto”, laddove l’appellante è stato collocato a riposo dal Ministero dell’Interno per il raggiungimento del massimo di anzianità contributiva, deve solo evidenziarsi, in senso contrario, che la situazione dell’appellante si attaglia perfettamente alla fattispecie contemplata dal secondo comma, a mente del quale “le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile”.

Né la pretesa di parte appellante potrebbe trovare ostacolo, come prima facie ipotizzato con la citata ordinanza istruttoria, nel disposto di cui al secondo periodo del medesimo comma 2, ai sensi del quale “la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità”, evincendosi dal provvedimento di collocamento a riposo del dott. S. che la relativa istanza è stata presentata il 31 gennaio 2011, allorquando cioè, avendo l’appellante compiuto i 62 anni di età e maturato oltre 42 anni di anzianità contributiva, era stato ormai superato lo sbarramento temporale suindicato.

Basti osservare, al fine di escludere ogni effetto decadenziale a carico dell’appellante, che l’art. 3 bis D.L. n. 387 del 1987, nell’estendere ai dirigenti della carriera prefettizia i benefici de quibus alla condizione che si tratti di personale “che cessi dal servizio nelle condizioni previste dai commi 1 e 2”, fa testuale riferimento ai presupposti sostanziali per il riconoscimento del beneficio de quo (ergo, alle categorie di personale cui esso è destinato), piuttosto che alle relative condizioni procedimentali: ciò in quanto il rinvio alle “condizioni”, che al suddetto fine devono sussistere al momento della cessazione dal servizio, allude appunto allo status soggettivo (anagrafico e previdenziale) dell’interessato, piuttosto che agli oneri procedimentali da osservare per l’acquisizione del beneficio de quo al suo patrimonio giuridico.

In ogni caso, proprio l’ambiguità della disposizione, evidenziata dai rilievi appena formulati, non consente di far discendere, dal mancato rispetto del termine di presentazione della domanda di collocamento in quiescenza di cui al citato art. 6 bis, comma 2, secondo periodo D.L. n. 387 del 1987, alcuna conseguenza decadenziale, la quale presuppone evidentemente la chiarezza e perspicuità dei relativi presupposti determinanti.
L’appello, in conclusione, deve essere accolto, con gli effetti precisati in dispositivo, mentre la peculiarità dell’oggetto della controversia giustifica la compensazione delle spese relative ai due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, previa estromissione dal giudizio del Ministero dell’Interno, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara la spettanza all’appellante del beneficio di cui all’art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987, con il conseguente obbligo dell’Amministrazione di provvedere alla rideterminazione dell’indennità di buonuscita, mediante l’inclusione nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali contemplati dalla disposizione citata.
Spese dei due gradi di giudizio compensati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:

RICORSO SEI SCATTI IN AGGIUNTA AL TFS

In esito alla recente decisione del Consiglio di Stato nr. 1231\2019 che ha statuito la spettanza del diritto alla rideterminazione dell’indennità di buonuscita, il Centro di Assistenza Legale A.N.F.I. propone un’azione legale tesa a rivendicare il ricalcolo del TFS, mediante l’inclusione nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali contemplati all’art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987.
La vertenza sarà avviata con la notificazione di un’apposita istanza amministrativa, cui seguirà il ricorso giurisdizionale innanzi al Tribunale Regionale Amministrativo, territorialmente competente.

È possibile chiedere informazioni e\o aderire al ricorso inviando apposita e-mail all’indirizzo di posta elettronica info@studiolegalebacci.com, possibilmente anticipando i dati anagrafici, di residenza, età ed anni di servizio utile al momento del congedo, sede ultima di servizio e data liquidazione del TFS.

F.to Mario Avv. Bacci

Roma, 13 luglio 2020

La Segreteria Nazionale del COISP

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