Fermo, la vera storia dell’ultrà già condannato dalla sinistra…

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Fermo, la vera storia dell'ultrà già condannato dalla sinistra

L'incrocio delle testimonianze, l'esame del dna, le contraddizioni della vedova: tutto quello che sappiamo sul caso di Fermo

Giuseppe De Lorenzo– Ven, 11/11/2016 – 18:31

Mancano pochi minuti alle 15.00 quando Amedeo Mancini pronuncia la frase che lo condanna (mediaticamente) ad essere il colpevole (razzista) della morte di Emmanuel Chidi Nnamdi. L'insulto alla vedova Chinyery (“scimmia”) fece indignare Maria Elena Boschi e Laura Boldrini.

Per Mancini omicidio o legittima difesa?

Così i testimoni smentiscono la vedova

Il mistero del Dna sul paletto

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Il video su Fermo: cosa è successo

Mattarella parlò di “gravissimo episodio di intolleranza razziale”. Angelino Alfano addirittura rivendicò a sé la decisione della procura di accusare l'ultrà della Fermana di omicidio preterintenzionale. Eppure incrociando le testimonianze, i verbali, le prime analisi scientifiche sembra emergere una storia diversa. Eccola.

“Andate via, scimmie”

La vicenda ha molti punti ancora da chiarire. Di certo c'è che Emmanuel è morto. Il problema è capire come. Tutto inizia intorno alle 15.00, quando Mancini e l'amico (A.F.) sono alla fermata dell'autobus che dovrebbe portarli al mare. Un pomeriggio come un altro, finché Amedeo non vede Emmanuel e Chinyery camminare in via XX Settembre insieme ad un'altra persona. "Non ti sembra una scimmia?", dice Mancini ad una colf polacca che riferirà alla polizia di aver sentito la donna rispondere all'insulto con un sonoro “vaffanculo” e mostrare il dito medio. Botta e risposta. Come ne accadono molti al mondo. Poi Mancini, vedendoli “armeggiare su una macchina”, rincara la dose: “Andate via scimmie”.

Chi ha scatenato la rissa?

Amedeo oggi si morde la lingua. "Non lo ripeterei", si batte il petto costretto ai domiciliari. Ma non poteva immaginare che i tre migranti, dopo essersi allontanati, sarebbero tornati sui loro passi per scatenare un'aggressione. Secondo i testimoni, Emmanuel e Chinyery impedirono all'ultrà di salire sul bus. Sono le 15.04. “La donna ha cominciato a gridare verso di noi”, ricorda A.F. L'autista e la bigliettaia confermeranno di aver visto i due nigeriani più vicini alla portiera dell'autobus, come se stessero impedendo a Mancini di salire.

“Mi vuoi ammazzare?”

Non appena il bus riparte, scatta la colluttazione la cui paternità è attribuita da più di un testimone alla vedova. Una volontaria del centro di accoglienza, P.L., dichiarerà di aver sentito Mancini gridare “Mi vuoi picchiare?”. Infatti Emmanuel lo colpisce con calci e pungi. A dimostrare che Amedeo non avrebbe voluto aggredire i nigeriani ci sono le dichiarazioni di A.F. e di un'altra testimone (T.M.) secondo cui l'ultrà arretra di oltre 20 metri. Tanti, ma non sufficienti. Il nigeriano allora sradica un palo della segnaletica stradale e lo scaglia contro Mancini. L'incrocio dei verbali di tre testimoni e l'autopsia smentiranno la vedova che invece accusa Amedeo di aver colpito Emmanuel col palo. "Hanno picchiato l'uomo bianco per 4 o 5 minuti", conferma P.B., arrivata sul posto con l'auto.

Mancini allora cade in terra. Chinyery è fuori di sé e secondo due teste “salta addosso” all'ultrà riverso a terra. Lo graffia, forse addirittura lo morde. L'ispezione medico legale confermerà sul corpo di Amedeo la presenza di graffi ed ematomi. Una scena talmente violenta che alle 15.07 P.B. chiama i carabinieri urlando “lo ammazzano, lo ammazzano”.

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La morte di Emmanuel

Il momento chiave è quello successivo alla caduta dell'ultrà. M.T. mette a verbale che a questo punto “il ragazzo di colore fa per allontanarsi”, poi viene “raggiunto da Amedeo Mancini e tra i due inizia una scazzottata" a seguito della quale "l’uomo di colore cade a terra”. Secondo la procura, Amedeo rincorrendo Emmanuel si sarebbe trasformato da aggredito ad aggressore. In realtà, la stessa testimone dirà successivamente di non poter "precisare se uno dei contendenti volesse allontanarsi dall'altro". Ma su questo punto si giocherà l'intero processo ed è ancora da chiarire.

Quando Mancini torna in piedi, i due ricominciano a menar le mani. L'amico dell'ultrà cerca di fermarli, ma Chinyary "lo prende a scarpate". La volontaria tenta di interrompere l'irruenza di Emmanuel urlando “stop, enought” e in quell'istante vede Chinyery colpire sulla testa Amedeo con una scarpa.

"Legittima difesa"

Secondo la difesa “il cazzotto dell'ultrà è da iscriversi in un tentativo di legittima difesa visto che si sentiva braccato davanti da Emmanuel e aggredito da dietro da Chinyery”. Deve liberarsi. E così colpisce l'uomo. “Non mi hanno lasciato via d'uscita”, dirà Mancini in una lettera spedita dal carcere. Per il pm invece non era necessario, quindi si tratta di omicidio preterintenzionale.

Nessuno peraltro ha visto distintamente il pugno. L'autopsia, resa pubblica ieri, dimostra che è stato un colpo "di energia moderata" e non ha provocato la morte, causata invece dalla caduta sul marciapiede. Due vigili arrivano quando il nigeriano è ancora in piedi e non mostra segni di malessere evidente. Poi crolla in terra e muore. L'unico punto certo di una storia che avrà bisogno di diversi gradi di giudizio prima di vedere la parola fine. Quella che Boldrini e tutta la sinistra avevano già scritto pochi minuti dopo la morte di Emmanuel.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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