Cosa intende fare l’Amministrazione per i fatti gravissimi occorsi presso la Questura di Treviso?

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Roma, 19 maggio 2023

MINISTERO DELL’INTERNO
DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
PREG.MO SIGNOR CAPO DELLA SEGRETERIA

MINISTERO DELL’INTERNO
DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
PREG.MO SIGNOR DIRETTORE DELL’UFFICIO CENTRALE ISPETTIVO

MINISTERO DELL’INTERNO
DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
PREG.MA SIGNORA PRESIDENTE DEL COMITATO PER LE PARI OPPORTUNITÀ

OGGETTO: Cosa intende fare l’Amministrazione per i fatti gravissimi occorsi presso la Questura di Treviso?

Il 22 aprile 2022 un Dirigente in servizio presso la Questura di Treviso relazionava al Questore in merito ad un comportamento inopportuno asseritamente posto in essere da una Collega alle sue dipendenze convocata dal medesimo nel suo ufficio per chiedere conto di una presunta affermazione rivolta ad un addetto all’Ufficio Servizi.

Secondo le attestazioni riportate dal dirigente – a seguito delle quali la collega ha poi riportato conseguenze disciplinari – l’operatrice di polizia si sarebbe distinta «in un crescendo di stizza», «in una rabbia scomposta», in una «condotta, arrivata praticamente all’ingiuria di un suo superiore» e avrebbe posto in essere azioni «con il plateale intento di mettermi in un qualche imbarazzo».

Chiaramente il Questore si è trovato nella condizione di dover avviare un procedimento disciplinare nel contesto del quale a nulla sono valse le precise, puntuali e circostanziate giustificazioni dell’incolpata che, all’esito del medesimo, veniva sanzionata con il richiamo orale.

La realtà fattuale, purtroppo, era totalmente divergente da quella in atti. Era stata la nostra collega ad essere stata umiliata prima come donna e poi come dipendente, non sussistendo alcun dubbio sul fatto che il genere femminile sia stato determinate nel formare il convincimento del predetto funzionario a poter agire in tale modo, assumendo un comportamento ben distante dai principi posti a fondamento della nostra Amministrazione.
Ciò che era avvenuto veniva puntualmente descritto dalla collega nelle proprie giustificazioni: nulla di quanto era stata accusata si era verificato. Era stato invero il citato funzionario, durante il colloquio, a mostrare «un crescendo di stizza», «una rabbia scomposta», «il plateale intento di metterla in un qualche imbarazzo», ordinandole più volte di non effettuare “deduzioni non autorizzate”, con l’intento evidente di comprimere persino il diritto ad una elaborazione ideale, alla difesa e quello ad un minimo di contraddittorio.

La posizione della collega, in un ordinario contesto operativo, sarebbe stata indifendibile, è inutile negarlo. Piaccia o meno, nessuno, come di fatto è avvenuto, avrebbe dato credito alle memorie difensive della collega.

Sfortunatamente esistevano precedenti circostanze nelle quali tali atteggiamenti inopportuni e inutilmente autoritari avevano già avuto modo di verificarsi, tanto da influire nel convincimento della collega a doversi necessariamente tutelare come di fatto è avvenuto. La stessa, infatti, aveva provveduto a registrare l’intera conversazione intercorsa con il dirigente, comunque auspicando di non averne dovuto far uso a sua difesa, ritenendo che il ruolo del dirigente gli avrebbe impedito di riportare fatti diversi dal vero.

Tale auspicio, tuttavia, è stato totalmente disatteso. Non solo la nostra collega ha subito un ingiusto procedimento disciplinare, ma è stata sanzionata per una condotta che non aveva affatto tenuto e sulla base di attestazioni rese da chi, per dovere deontologico e giuridico, avrebbe dovuto agire in modo imparziale.
La predetta ha quindi deciso di non tacere, di non subire, di non accettare la prepotenza cui era stata sottoposta ed in un ricorso gerarchico avverso la sanzione subita ha unito la registrazione integrale della conversazione in argomento ascoltando la quale chiunque avrebbe potuto verificare l’assoluta attinenza al vero delle giustificazioni prodotte, misurare i toni utilizzati nella conversazione, giudicare senza impedimenti la dinamica di svolgimento dei fatti, valutare l’umiliazione e la minaccia di subire un procedimento disciplinare (il cui avvio non rientrava nelle competenze del funzionario).

Il raffronto fra tutta la documentazione, ivi compresa chiaramente la registrazione della conversazione, evidenziano che la relazione del dirigente in argomento riporta gli accadimenti in maniera artefatta con la precisa intenzione di avviare un procedimento disciplinare e di punire ingiustamente la nostra collega per fatti mai avvenuti.

Ora, se da una parte il ricorso ha trovato giusto accoglimento (non poteva essere altrimenti stante le prove prodotte!), è di tutta evidenza come vi sia stata da parte del Dipartimento una incomprensibile svalutazione della gravità dei suddetti fatti. Nessun intervento determinante e risolutivo è stato difatti posto in essere al fine di impedire che le suddette circostanze possano ripetersi.
Non solo ….

La richiesta, avanzata dalla collega al Questore di Treviso, di acquisire gli eventuali ulteriori documenti prodotti da quest’ultimo al fine di essere valutati dal Dipartimento che doveva procedere al vaglio del ricorso gerarchico, dopo alcuni tentativi in cui le veniva negata il giusto accesso documentale, portava a prendere coscienza degli «elementi informativi» forniti dal ridetto Questore all’Amministrazione centrale… «elementi» che risultano essere incredibilmente volti non solo a minimizzare del tutto la condotta del funzionario in argomento ma addirittura ad addebitare alla collega «lo sviluppo (censurabile) del colloquio».

Il ridetto Questore, che eppure era stato messo nelle condizioni, dal Dipartimento, di ascoltare la registrazione della conversazione tra i suoi due dipendenti (il dirigente e la nostra collega), scrive che «il funzionario, il cui eloquio è caratterialmente connotato da toni stentorei», ovvero la sua voce si caratterizzerebbe per il tono poderoso, non avrebbe mai «proferito offese o affermazioni discriminanti per genere, ma manifestato sorpresa al timore esternato dalla ricorrente di sentirsi in pericolo».

Della collega viene poi fatta una descrizione ancor più surreale. Di lei il Questore «preliminarmente osserva» che «si è recata dal funzionario attivando la registrazione prima di entrare nell’ufficio» e che lo avrebbe fatto, come peraltro dalla stessa dichiarato in sede di giustificazioni degli addebiti e nel ricorso gerarchico, «in considerazione di precedenti comportamenti non corretti deontologicamente» dei quali però – prosegue il Questore – «non si rinvengono riscontri che avvalorino la sentita esigenza di documentare lo sviluppo della conversazione» … per poi sottolineare che la dipendente si sarebbe espressa con «frasi pronunciate evidentemente con intenti provocatori» e quindi ancora evidenziare che la stessa «in settimana corta, dall’inizio dell’anno (2022) aveva prestato servizio nella giornata del sabato soltanto in data 26 marzo e durante l’anno 2021 in due giornate (25 settembre e 30 ottobre)» … e quindi proseguire con ulteriori tediose osservazioni che alla luce del contenuto della registrazione della conversazione tra la collega ed il funzionario non avrebbero mai aiutato a sollevare quest’ultimo dalla grave condotta posta in essere, tant’è che il ricorso gerarchico veniva accolto dal Signor Capo della Polizia per il fatto che: «dalle risultanze documentali è possibile ricondurre la condotta della dipendente su un piano di normale dialettica nelle relazioni interpersonali» e perché: «il provvedimento sanzionatorio si fonda su una contestazione non idonea a sorreggere l’addebito, con la conseguenza che esso deve essere annullato».

Ora, se «dalle risultanze documentali è possibile ricondurre la condotta della dipendente su un piano di normale dialettica nelle relazioni interpersonali», le dette «risultanze documentali», che non sono altro che la registrazione della conversazione tra il funzionario e la collega che quest’ultima ha legittimamente effettuato (e per sua fortuna che l’ha fatto!!), provano (alcun tentativo di arrampicarsi sugli specchi può portare ad una diversa verità!!) che il funzionario in argomento ha redatto una relazione affermando cose
non vere con l’indiscutibile intento di far punire una dipendente che pure aveva sottoposto ad indebite pressioni e umiliazioni.

Ha poco a che vedere la sussistenza o meno di «riscontri che avvalorino la sentita esigenza di documentare lo sviluppo della conversazione» (lo ripetiamo: per sua fortuna la collega l’ha fatto), neppure di contare i sabati in cui la collega è stata impiegata (che poi il Questore di Treviso ne ha tralasciati non pochi e si è anche ben guardata dall’evidenziare che l’impiego in tale giornata da parte del personale in turnazione su cinque giorni settimanali, tra cui la collega, era assolutamente sporadica stante la presenza di colleghi in turnazione su sei giorni settimanali) e neanche di analizzare quali fossero i bisogni familiari che avevano portato la citata ad affermare che aveva difficoltà ad effettuare il servizio che le era stato proposto nella giornata in cui normalmente avrebbe dovuto essere libera.

Qui si tratta, invero, del fatto che una volta entrata nell’ufficio del funzionario, la collega veniva immediatamente investita verbalmente e veementemente dal predetto addirittura ancor prima che la stessa potesse richiudere la porta (lo testimonia la registrazione della conversazione), … si tratta del fatto che stante una «condotta della dipendente su un piano di normale dialettica», il funzionario nel minacciarla che «iniziamo un procedimento disciplinare» si portava a pochi centimetri dal viso della predetta proseguendo a ripetere «un procedimento disciplinare … un procedimento disciplinare», quando non vi era alcun bisogno di avvicinarsi alla citata visto che già si trovavano a non più di un paio di metri l’uno (seduto sulla sua poltrona) dall’altra (al di là della scrivania), … si tratta del fatto che la collega è stata chiaramente e volutamente intimorita dal citato atteggiamento aggressivo del funzionario (avrebbe tenuto medesima condotta dinanzi ad un collega “uomo”??).

Si tratta, in estrema sintesi, di sapere cosa ha intenzione di fare l’Amministrazione nei confronti del funzionario in questione, per la sua condotta inaccettabile verso un dipendente “donna” (e in quanto “donna”) e per l’aver dichiarato il falso per farla punire.
Alle Preg.me SS.VV. chiediamo una cortese urgente risposta e, ciascuno per quanto di propria competenza, l’avvio di giuste iniziative.
Si inviano i più cordiali saluti.

Il Segretario Generale del COISP
Domenico Pianese

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