Compressione delle libertà sindacali da parte dello Stato Maggiore dell’Esercito – solidarietà e sostegno al Segretario Generale del SIAMO Esercito Daniele Lepore per l’azione intimidatoria subita

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Al Sig. CAPO DEL DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
Dott. Giovanni RUSSO
prot.dap@giustiziacert.it

Al Sig. CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA DIFESA
Amm. Giuseppe CAVO DRAGONE
stamadifesa@postacert.difesa.it

Al Sig. COMANDANTE GENERALE DELL’ARMA DEI CARABINIERI
Gen. C.A. Teo LUZI
crm44976@pec.carabinieri.it

Al Sig. COMANDANTE GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA
Gen. C.A. Andrea DE GENNARO
Rm0010801p@pec.gdf.it

Al Sig. CAPO DI STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO
Gen. C.A. Carmine MASIELLO
statesercito@postacert.difesa.it

OGGETTO: Compressione delle libertà sindacali da parte dello Stato Maggiore dell’Esercito – solidarietà e sostegno al Segretario Generale del SIAMO Esercito Daniele Lepore per
l’azione intimidatoria subita.

Illustrissime Autorità,
eravamo consapevoli che i vertici delle Forze Armate avrebbero cercato di ostacolare l’effettiva esplicazione del diritto riconosciuto al personale militare dalla sentenza n. 120 del 2018 della Corte costituzionale, che ha finalmente consentito anche a questa particolare categoria di lavoratori in divisa di costituire associazioni sindacali ed iscriversi alle stesse.
Nulla di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, viste le ferite, non solo morali, inferte ai Poliziotti dalla feroce opposizione con la quale buona parte della Dirigenza della Polizia di Stato ostacolò la piena attuazione dei principi della legge 121/1981 all’indomani dell’entrata in vigore di questa epocale svolta riformatrice, ed ai rigurgiti di retrivo militarismo che, ancora oggi, continuiamo a percepire in sottofondo.
Nessuna scossa di assestamento istituzionale può però giustificare l’atteggiamento intimidatorio riservato dallo Stato Maggiore dell’Esercito a Daniele Lepore, Segretario Generale del SIAMO dell’Esercito, organizzazione sindacale la cui rappresentatività è stata certificata giusto pochi giorni fa. Nei confronti del nostro collega sindacalista è stato infatti avviato un procedimento disciplinare “di stato”, configurando così l’ipotesi di violazione di regole sanzionabili con la sospensione dal servizio o con la rimozione del grado, ossia il licenziamento. E ciò perché, nella sua veste di legale rappresentante del sindacato in menzione, avrebbe divulgato un comunicato dai toni critici nei confronti del Ministro della Difesa, contestando le esternazioni dallo stesso rilasciate agli organi di stampa in concomitanza con il da lui disposto avvio di un’inchiesta disciplinare nei confronti del Generale Vannacci, dolendosi null’altro che del
palese mancato rispetto dei presidi dell’imparzialità che, nel nostro ordinamento, come in ogni stato di diritto, impongono a chi svolge
la funzione di giudice di attenersi a cristallina terzietà.
E non è certo un caso, e sarebbe bene che chi di dovere ne prendesse nota, che nel sistema della Polizia di Stato, proprio per evitare questa ambigua sovrapposizione, la figura apicale competente in materia disciplinare e quella in materia politica siano attribuite a soggetti diversi, rispettivamente al Capo della Polizia ed al Ministro dell’Interno.
Nel merito del contenuto del comunicato oggetto dell’incolpazione del collega sindacalista possiamo solo dire che, per quanti siano stati gli sforzi da noi profusi, non siamo riusciti a trovare nulla di eccedente la continenza espressiva e men che meno affermazioni astrattamente censurabili anche con reprimende meno afflittive. Possiamo affermare semmai che il misurato, composto tenore utilizzato non poteva essere in alcun modo travisato, se non nell’ottica di uno sviamento dello strumento disciplinare, funzionale a perseguire finalità ben diverse da un esercizio di potestà gestionali del personale.
Se infatti questa inaudita malcelata volontà di soffocare ogni voce dissenziente all’interno dei ranghi dell’Esercito, soprattutto se la voce è quella del Segretario Generale di uno dei sindacati maggiormente rappresentativi, dovesse approdare ad un provvedimento sanzionatorio, secondo quanto prevede la legge 46/2022 che ha disciplinato l’esercizio delle libertà sindacali del personale militare, Daniele Lepore, legittimamente e democraticamente eletto dal Congresso del SIAMO Esercito, decadrebbe dall’incarico di Segretario Generale, e non potrebbe ricoprire altri incarichi di natura sindacale. In pratica si è messo nelle mani dell’Amministrazione militare un congegno
diabolico per eliminare i rappresentanti sindacali scomodi, sovvertendo la volontà espressa dagli iscritti.
Questa previsione, come altre non meno inquietanti, come l’assurda prescrizione che vieta di svolgere attività sindacale volta alla tutela degli interessi dei singoli iscritti, è straordinariamente assonante con l’impostazione sollecitata nel corso dei lavori preparatori dalla diuturna pressione lobbystica dagli Stati Maggiori e dai Comandi Generali, evidentemente preoccupati di limitare l’apertura degli spazi di democrazia all’interno dei rispettivi apparati.
Quale sia stata la fonte di ispirazione di chi ha concepito simili ripugnanti sconcezze trasponendole in una legge dello Stato, non è dato saperlo. Sappiamo però che non possiamo consentire queste forme di oscena compressione delle libertà sindacali che finiscono per l’aggredire la dignità dei lavoratori, perché anche alle nostre latitudini istituzionali non mancano quanti considerano il confronto con il sindacato un inutile orpello che disturba il manovratore.
E siccome non c’è nulla di più contagioso del fascino perverso del poter comandare senza contraddittorio, non potremo che essere al fianco dei colleghi ed amici sindacalisti delle Forze Armate e delle Forze di Polizia ad ordinamento Militare per modificare questi scabrosi passaggi a vuoto nel
percorso di evoluzione democratica e di tutela dei dipendenti a status militare.
Ma ancor prima saremo al fianco di Daniele Lepore, perché a chi pensa di poterne colpirne uno per educarne cento, ritenendo che al personale dipendente possa essere riconosciuto il solo diritto all’obbedienza cieca ed incondizionata alla volontà dei superiori, risponderemo con la forza del vincolo solidaristico che sta alla base del contratto sociale su cui poggiano le fondamenta del sindacato.
Per questo, oltre a condividere e far proprio il deliberato del Direttivo Nazionale del SIAMO Esercito, che a supporto delle ragioni del proprio Segretario Generale ha deciso di non prendere parte alla prossima convocazione dell’8 maggio per la prosecuzione delle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro, ci riserviamo di valutare quali concreti sostegni offrire a tale vertenza, non escludendo di promuovere la medesima forma di astensione dalle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro, ovvero eventuali altre forme di protesta, ivi compreso il coinvolgimento dell’opinione
pubblica.
Ci attendiamo pertanto dagli autorevoli rappresentanti istituzionali a cui la presente è diretta un fattivo impegno per ricondurre nell’alveo della ragionevolezza la deleteria iniziativa dello Stato Maggiore dell’Esercito, che rischia di minare irreparabilmente il percorso negoziale in essere e, al contempo, di compromettere il sistema delle relazioni sindacali consolidato anche grazie al reciproco rispetto fra gli interlocutori.

Roma, 3 maggio 2024

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