ECCO COSA FA LA MAFIA. NON DIMENTICATELO MAI !!!
Oleh: F. Cielo Stellato
7 ottobre 2013
7 ottobre 1986
Claudio Domino di anni 11
Siamo al pomeriggio del 7 ottobre 1986, 24 anni fa. Un bambino di nome Claudio, Claudio Domino, sta passeggiando con un amichetto in via Fattori, quartiere di san Lorenzo, a Palermo. Si trova lì non per caso, visto che ad un paio di metri c’è la cartolibreria della madre.
Una moto accosta. Il motociclista, un giovane, lo chiama per nome. Claudio lascia l’amichetto e si avvicina. Non ha nemmeno il tempo di chiedere cosa voglia. L’uomo tira fuori una pistola e gli conficca un proiettile in fronte.
Così, a bruciapelo, lasciando sul volto del bimbo un’espressione incredula, perplessa, come di chi non capisce il perché di un rimprovero, la promessa non mantenuta, l’errore che non ti aspetti nel compito in classe.
Oggi Claudio avrebbe 35 anni. Ma l’orologio della sua vita e dei suoi sogni si infranse quel pomeriggio di ventiquattro anni fa, su quel marciapiedi di San Lorenzo. Allora, lui, di anni, ne aveva solo undici. Undici. Ripetete: undici anni. Non vi si torcono le budella? Come farsi strappare un dente a carne viva.
Si parla subito di mafia, per quel delitto. E come non parlarne, in una città come Palermo. È il contesto, amico bello. I boss rinchiusi dietro le celle dell’aula bunker per il maxiprocesso prendono le distanze. Troppo squallore, troppo rumore e sgomento persino in una città abituata a digerire di tutto.
Ma un bambino no, un bimbo non si può. Giovanni Bontade, fratello di Stefano, chiede la parola e il Presidente Giordano gliela concede. “Noi condanniamo questo barbaro delitto – disse Bontade, mettendo mano ad una nota concordata con Pippo Calò ed altri galantuomini dietro le sbarre – che provoca accuse infondate verso gli imputati di questo processo.”
“Noi…” ha detto Bontade. Noi. Quel “noi”, intanto, non è un’implicita ammissione dell’esistenza, sempre negata, dell’organizzazione mafiosa siciliana?
Sì, secondo gli esperti. Una sorta di autogol. Clamoroso, storico, per certi versi. In base a quello che racconterà un pentito anni dopo, per quel “noi”, Bontade verrà ucciso. Anche se è più probabile che avesse pagato in questo modo la sua affiliazione alla cosiddetta “mafia perdente”, quella di cui era massimo esponente il fratello Stefano.
I carabinieri sembrano brancolare nel classico buio screziato di asfalto. Poi, la svolta. Qualcuno racconta ai militi il motivo dell’omicidio: Claudio avrebbe assistito, casualmente, al confezionamento di eroina in un magazzino vicino al negozio dei genitori. E, ad ucciderlo, sarebbe stato un tossicodipendente inviato da Salvatore Graffagnino, entrambi scovati e fatti fuori a tempi di record dagli uomini di Cosa Nostra.
La conferma avvenne nel 1994 da Salvatore Cancemi.