STATO-MAFIA: PM, DA SCALFARO A MANCINO TRA CEDIMENTI E RETICENZE (AGI)

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STATO-MAFIA: PM, DA SCALFARO A MANCINO TRA CEDIMENTI E RETICENZE (AGI) – Palermo, 5 nov. – Oltre ai mafiosi (Riina, Provenzano, il medico Antonino Cina’, Brusca e Bagarella), “almeno sette uomini dello Stato sono ritenuti responsabili di precise e specifiche condotte di reato realizzate nell ambito della trattativa”. Lo sostiene la Procura di Palermo nella memoria depositata oggi agli atti del procedimento. “Tre sono gli uomini degli apparati che hanno fatto da anelli di collegamento fra mafia e Stato”: secondo il pool sono l’allora colonnello Mario Mori e l’allora capitano Giuseppe De Donno e il loro superiore dell’epoca, il generale Antonio Subranni. “Due – prosegue la procura – sono gli uomini politici cerniera, cinghie di trasmissione della minaccia: l’ex ministro Calogero Mannino prima e il senatore Marcello Dell’Utri dopo”. Due sono, infine, continua la procura, gli uomini di governo, Giovanni Conso e Nicola Mancino, “sui quali si e’ acquisita prova di una grave e consapevole reticenza. Mancino e’ imputato per falsa testimonianza; Conso, con l’allora direttore del Dap Adalberto Capriotti e Giuseppe Gargani sono tuttora soltanto indagati per false dichiarazioni al Pm”. Gli uomini dello Stato rispondono di concorso nella minaccia al Governo, perche’ avrebbero svolto “il ruolo di consapevoli mediatori fra i mafiosi e la parte sottoposta a minaccia, quasi fossero gli intermediari di un estorsione. Con l’aggravante, nel caso di specie, che il soggetto estorto e’ lo Stato e l’oggetto dell’estorsione e’ costituito dal condizionamento dell’esercizio dei pubblici poteri, cosi’ sviati dalla loro finalita’ istituzionale e dal bene pubblico”. Un ruolo viene riconosciuto pure all’allora capo della Polizia Vincenzo Parisi ed all’allora vice direttore del Dap, Francesco Di Maggio (deceduto nel 1996), “che, agendo entrambi in stretto rapporto operativo con l’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, contribuirono al deprecabile cedimento sul tema del 41 bis”. Politici e istituzioni, “vittime – spiegano i pm – di una “forma di grave amnesia collettiva durata vent’anni”. E che non si sarebbe fermata nemmeno “di fronte alla drammaticita’ dei fatti del biennio terribile ’92-’93, quanto meno di fronte alle risultanze (anche di natura documentale) che confermavano l’esistenza di una trattativa ed il connesso – seppur parziale – cedimento dello Stato, tanto piu’ grave e deprecabile perche’ intervenuto in una fase molto critica per l’ordine pubblico e per la nostra democrazia”. (AGI) Pa1/Mrg 052143 NOV 12 NNNN

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