ISPETTORE PS ASSOLTO, TAR LOMBARDIA ANNULLA LICENZIAMENTO Poliziotto a lungo in carcere, vivo con la paghetta di mio padre (ANSA)

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ISPETTORE PS ASSOLTO, TAR LOMBARDIA ANNULLA LICENZIAMENTO Poliziotto a lungo in carcere, vivo con la paghetta di mio padre (ANSA) – SONDRIO, 7 MAG – In carcere e agli arresti domiciliari per 891 giorni, assolto e poi licenziato. Ma al calvario giudiziario dell'ispettore capo di Polizia Mauro Tavelli, 50 anni, di Chiuro (Sondrio), ora ha messo la parola fine il Tar Lombardia. «Il Tar – dichiara l'avvocato Fabrizio Consoloni di Lecco che con la collega Nicoletta Manca assiste il poliziotto all'epoca dei fatti in servizio alla questura di Milano – ha accertato l'illegittimità della sanzione disciplinare sfociata nella destituzione dal servizio dell'ispettore Tavelli, assolto in ambito penale perchè i fatti non sussistono». I giudici amministrativi, spiega il legale, hanno accolto il ricorso della difesa, azzerando gli atti di licenziamento del ministero. «Adesso – annuncia l'avvocato Consoloni – chiederò l'immediato reintegro sul posto di lavoro e la corresponsione degli stipendi arretrati, dal 5 giugno 2010, al mio assistito, in attesa che il Tar si pronunci in modo definitivo sul merito». L'ispettore Tavelli era finito in carcere con accuse pesantissime, come concussione, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina di trans, sfruttamento della prostituzione, dopo la denuncia di un immigrato ospite del Cie di via Corelli a Milano, presso il quale spesso prestava servizio. «Per quelle accuse che si sono rivelate totalmente inventate sono stato a lungo rinchiuso in una cella e poi in detenzione domiciliare e, addirittura, ho perso il lavoro – afferma Tavelli – e solo grazie al sostegno della mia famiglia ho potuto affrontare diverse battaglie legali per far riconoscere la mia innocenza. Ora, nonostante la sentenza finalmente assolutoria dopo quelle di condanna, tarda ad avvenire il mio reintegro. Vorrei tornare a lavorare in questura a Milano o in quella di Sondrio. Intanto conduco una vita di continue rinunce, basandomi unicamente sulla paghetta di mio padre, cosa per la quale mi vergogno, che ha una povera pensione e al quale spero, un giorno, di essere in grado di restituire i soldi che mi ha dato anche per affrontare le spese legali».(ANSA). 

 

 

 

 

 

 

 

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